Oggi vi presentiamo la seconda e ultima parte dell’intervista a Primo Canu: mettete insieme questi due pezzi all’intervento che abbiamo già pubblicato e vi farete un’idea abbastanza precisa della visione del mondo dell’autore di La scomparsa di Massimiliano Arlt.
Se ve la siete persa, qua potete leggere la prima parte dell’intervista.
Spesso ci si lamenta che oggi si legge troppo poco. Fra videogiochi, televisione e internet si ha sempre meno tempo per la lettura. Qual è il tuo pensiero sui lettori di oggi?
Domanda pesante. Per non dire banalità occorrerebbe argomentare a lungo. In università ho letto Sartre e i mitografi: Sallustio citato da Calasso ne Le nozze di Cadmo e Armonia, suona così: “Queste vicende non sono mai accadute, ma sono sempre”. Basta questo. Se i lettori di oggi leggono piccoli miti – vicende mai accadute ma che sono sempre! – prodotti da altri piccoli mitografi credo che sia una cosa buona. E’ meglio scrivere il male che farlo. E’ meglio leggerlo. E infatti il successo della fiction odierna risiede proprio nella possibilità che il lettore ha di vivere senza pericoli per la propria integrità fisica e psicologica – rappresentandosele! – vicende terribili che lo attirano irresistibilmente e che al tempo stesso suscitano in lui il più sincero disgusto… I videogiochi sono una materia delicata e più complessa di quanto si pensi. Non sono in grado di parlarne.
Quali sono i libri che ti hanno dato la spinta necessaria per scrivere?
Il giardino dei ciliegi di Anton Checov e La vera vita di Sebastian Knight di Vladimir Nabokov.
Il libro che ami di più?
Sono indeciso tra Ada, o ardore di Vladimir Nabokov e Cronache maritali di Marcel Jouhandeau. Non ci sono parole. Sono sempre.
E quello che ti senti di consigliare?
Tutti i romanzi di Aleister Crowley. In particolare Il buon figlio.
Il libro che non sei riuscito a finire?
Tantissimi, tutti i libri che non mi piacciono. Se mi aveste domandato “qual’è il libro che ti è dispiaciuto non finire?” vi avrei risposto il Gargantua di Rabelais. L’ha letto un mio caro amico, e gli era piaciuto.
Quali sono secondo te gli ingredienti giusti per poter scrivere un buon romanzo?
Non sono in grado di rispondere. Esistono tante formule, descritte in manuali e in interviste a grandi autori. Potremmo parlarne per ore. E la stessa questione può essere posta così: come si fa ad essere un romanziere? Sono temi enormi. Un buon romanzo… Gesualdo Bufalino ha scritto Diceria dell’untore – il suo capolavoro insieme a Le menzogne della notte – a partire da 52 parole che gli piacevano molto.
Che cosa ti piace e che cosa non ti piace dell’editoria italiana?
Non la conosco, non saprei. Ma criticarla è come abbaiare alla luna. Esistono in Italia migliaia di editori. L’importante è la pagina. L’importante è la persona dell’autore. La sua serena e inesorabile volontà. Non credo che esistano capolavori incompresi, trascurati o dimenticati. O se ve ne sono, tant’è.
Gli ebook ormai stanno diventando una realtà importante nel mondo dei libri, credi che possano sostituire il cartaceo?
E perchè dovrebbero sostituirlo? Spero di sì, ma per ragioni personali. Immaginiamo che nel giro di una decina d’anni gli ebook sostituiscano il cartaceo: centinaia, migliaia di biblioteche comunali si troverebbero a dover mandare al macero milioni di volumi. A quel punto arriverei io e con una piccola spesa diverrei proprietario di migliaia di splendidi libri che oggi non stampano più. Ad esempio il Don Chisciotte tradotto in siciliano, o 500 anni di tennis di Gianni Clerici. Naturalmente sto scherzando!
Il prossimo libro a cui stai pensando o lavorando?
Ne ho in testa diversi. Ne parlerò con Ellera.
Un consiglio a chi vorrebbe scrivere un romanzo?
A chi vorrebbe scrivere un romanzo sono io a chiedere: non hai di meglio da fare? Per quanto mi riguarda scrivo per dire la mia nell’unico modo che ho a disposizione. Per dirla prima di tutto a me stesso.
E che cosa ti senti di consigliare a chi il romanzo ce l’ha nel cassetto?
Di lasciarcelo. Se l’ha messo nel cassetto è perchè quella roba merita il cassetto. Io non ho mai lasciato nulla nel cassetto. C’è un detto sardo che recita più o meno così: “Le arterie del cuore sono cento e una. Ma è una sola quella che risale alla testa e fa vivere i morti”.
Nel corso dell’intervista l’umore di Primo Canu è visibilmente cambiato in seguito ad alcuni messaggi che ha ricevuto e scambiato sul cellulare e a frammentari discorsi con il suo amico. Ci siamo salutati con una certa fretta e il conto è stato segnato dalla ragazzina al banco, compresi i nostri due caffè.
2/Fine.