Dopo una piccola pausa di riorganizzazione, eccoci finalmente a presentare la nostra nuova uscita scapigliata: questa volta si tratta di Una Nobile Follia, il capolavoro antimilitarista di Iginio Ugo Tarchetti. Senza dubbio si tratta di un libro impegnativo, sia emotivamente che intellettualmente: l’identificazione col protagonista infatti è facile – le traversie che deve affrontare metterebbero in ginocchio chiunque – mentre le argomentazioni dell’autore contro eserciti, guerre e governanti sono stringenti e galvanizzanti, anche se forse un po’ utopistiche.
La trama del libro è nota: si narra la storia di un giovane orfano sensibile, pieno di vita, in procinto di diventare un artista affermato e alle prese con una splendida storia d’amore, che proprio quando vede avvicinarsi la realizzazione di tutti i suoi desideri viene chiamato sotto le armi prima e poi mandato a combattere nella guerra di Crimea. Lì vede ciò che di peggio può fare l’uomo – e gli orrori che descrive sono così vividi da essere agghiaccianti – ma nonostante tutto riesce a non perdere la sua umanità:
Non udivamo le grida dei vincitori né i gemiti dei feriti e dei morenti, ma vi era nell’aria qualche cosa che sembrava piangere, che sembrava soffrire; vi era quella gran voce, quella grande emanazione di dolore che la materia emette morendo: migliaia di spiriti combattevano la lotta suprema della vita, migliaia di angeli aleggiavano nel vuoto, attendendo pietosi quelle anime.
Quando suo malgrado è costretto ad uccidere un nemico, perde la ragione, ma con un ultimo atto di volontà decide di sottrarsi a tutta quella violenza e diserta. Sotto mentite spoglie riesce a tornare a casa, ma non riuscirà più a togliersi di dosso l’orribile marchio che la guerra lascia su tutti quelli che la combattono.
Arrivati alla fine della lettura, sono diverse le cose che rimangono impresse: la prima parte della storia è di una dolcezza e di una delicatezza rare, che rendono ancora più violenta la piega che prende il racconto, in una costruzione tecnicamente magistrale portata avanti da tre voci narranti, che come scatole cinesi ci portano dritti verso l’abisso dell’abiezione umana; poi la lucida analisi della retorica militarista e la demistificazione dell’eroe:
Tutti coloro che hanno preso parte ad una battaglia sanno che cosa è un eroe; comprendono come colui che ha fatto sacramento (benché sacramento imposto) di esporre la propria vita e di attentare a quella degli altri, non compia che un semplice dovere annuendovi; intendono agevolmente come l’istinto della conservazione ci porti all’atto della difesa, come la difesa sia più energica quanto è più ostinato l’istinto, e come questo istinto faccia i più grandi eroi di coloro che sarebbero stati i codardi più volgari nella loro vita privata.
Infine, l’apologia della disobbedienza civile, per Tarchetti simbolo di libertà, alla quale sono dedicate righe vibranti e piene di pathos:
Vi è qualche cosa di eroico nella risoluzione di quegli infelici, che per sostenere il più santo dei loro diritti, quello della loro libertà, si ribellano contro la società, e imprendono una lotta spaventosa e disperata contro di essa. Non tutti gli uomini sono capaci di una rivolta sì ardimentosa e sì giusta, non tutti la comprendono; i docili sono gl’insensati e i codardi, il disertore non è mai un uomo comune. In quella creatura riprovata che si è gettata alla macchia, che vive di terrori e di angoscie, che la disperazione ha trascinato talora al delitto, che viene ricondotta tra voi, macera, prostrata, coperta di miserabili cenci, e che voi buttate nel fondo di un carcere, vi era la scintilla che anima il fuoco della libertà, fervevano le passioni più nobili, le stesse passioni fondamentali della società: l’amore della terra natale, l’affetto del focolare e della famiglia. La legge ha domate quelle volontà, l’attrito ha consumate quelle forze, ma a traverso quei corpi logori e disfatti che trascinano la loro gioventù mutilata nelle galere, si vedono ancora lampeggiare quelle anime. Verrà un giorno in cui l’umanità vorrà la luce, in cui pronuncierà il giudizio della loro riabilitazione.
Per alcuni Una nobile follia è un libro a tema, che risente un po’ del fatto che debba dimostrare una tesi, ma noi per controbattere non possiamo che utilizzare le stesse parole di Tarchetti, augurandovi nel contempo buona lettura: triste la civiltà di quel paese, in cui la letteratura è un’arte e non una missione!