Riceviamo e volentieri pubblichiamo un post del nostro Primo Canu a proposito del suo libro, La scomparsa di Massimiliano Arlt.
La Scomparsa di Massimiliano Arlt l’ho scritto dopo aver letto per la terza volta La casa delle belle addormentate di Yasunari Kawabata. In redazione se ne sono accorti subito!
Quella storia non mi usciva dalla testa. In particolare un’immagine. Quella del vecchio Eguchi che scopre i denti della ragazza addormentata spingendole lentamente verso l’alto il labbro superiore. Quando si dorme si è indifesi. Questa è un’ovvietà. Dunque da adulti dormiamo con persone di cui ci possiamo fidare. Ma da piccoli? L’immagine di un bambino che dorme, profondamente assorbito in uno stato di coscienza così distante da quello degli adulti che lo circondano, l’estraneità del bambino a quel mondo che lo attende, le sue ossa che si allungano, l’encefalo che si sviluppa… questi erano i confusi pensieri che ho cercato di ordinare nel romanzo. E lavorare con gli editor di Ellera a dare forma di pagina a un sogno è stato molto bello.
Ne La Scomparsa di Massimiliano Arlt abbiamo armonizzato diversi livelli di senso. C’è la storia del ragazzo che scompare, certo. Ma c’è anche la storia del suo venire al mondo, con la seconda nascita, quella dell’adolescenza. Da superare contro tutto e tutti. Cercando quella autonomia affettiva ed economica che spesso si dà per scontato ci venga consegnata a domicilio.
C’è l’amore. Una storia d’amore che a me piace molto. Semplice, intensa, che scaturisce da una stima reciproca e da un’attitudine al gioco e alla provocazione che solo da adolescenti diciottenni si può vivere con naturalezza…
C’è il ricatto. Un ricatto mashal, direbbe un cabalista. Perchè chi offre denaro al protagonista affinchè dorma non è solo un delinquente da telegiornale. Potrebbe esserlo. Forse lo è. Ma in ogni caso non è solo quello. E’ anche un iniziatore. Porta il protagonista in una dimensione altra rispetto a quella in cui ha vissuto prima di allora: come in tutte le storie di valore ne La scomparsa di Massimiliano Arlt esiste una dimensione ‘magica’, ed è quella a cui tengo maggiormente: per quanto mi riguarda credo nella letteratura alla maniera di Alain, ovvero sono convinto che tutte le forme d’arte servano innanzitutto a scaricare nella rappresentazione pulsioni che altrimenti sarebbe troppo pericoloso vivere. Che serva anche ad intrattenere è certo. Ma non credo che chi legge un romanzo voglia solo passare il tempo. Vuole vivere emozioni intense senza correre i rischi che correrebbe se le vivesse in prima persona.
Certo, può aprire un romanzo con l’intenzione di distrarsi un pò, ma è bellissimo quando il lettore dopo qualche pagina rimane fregato. Mashal! Pensava di distrarsi e invece si trova occupato a seguire il filo delle emozioni, non sempre piacevoli, che ha suscitato in lui la vicenda sulla pagina. E che potrebbero continuare a occuparlo anche a libro chiuso! Questo è mashal! Questa è letteratura!
Mi piacerebbe molto che La scomparsa di Massimiliano Arlt funzionasse davvero come tutti i bei racconti di Kawabata, di Kenzaburo Oe e di Poe: che sotto l’apparenza di un mistero bene ordinato, di una pagina chiara e trasparente, il lettore possa trovare senza rendersene completamente conto tutte le intensissime sensazioni di un sogno, ad un tempo estranee e intimamente proprie, ributtanti e attraenti, dolorose e medicamentose.
I temi del romanzo sono scandalosamente ovvi: l’innocente arbitrio degli adulti sui propri figli; i nodi che vengono al pettine in adolescenza e il pettine che come sempre si spezza a contatto col nodo; l’apparente necessità del sonno verticale – il protagonista non ne può più di dormire in piedi nella vita quotidiana! – e l’avventura che si apre, pericolosissima, quando il ragazzo decide di svegliarsi.
Ho scritto questo romanzo nel verde, nei lunghi mesi durante i quali le arnie non danno granchè da fare. Spero – ma in realtà lo so per certo! – che la luce di quel cielo, e l’aria e il verde di quei luoghi abbiano reso le mie pagine leggere, trasparenti e vive.