La Scapigliatura è legata a doppio filo alla città che l’ha vista nascere e crescere, ovvero Milano. In molti dei libri del movimento la città è protagonista, e riprendendoli in mano per prepararli alla pubblicazione digitale siamo rimasti affascinati da questo aspetto, tanto che buona parte del nostro lavoro, quando possibile, è stato consacrato al rintracciare i luoghi della città da loro descritti e a darne la posizione odierna, aggiungendo qualche nota sulla loro storia. Così, chi ora ad esempio legge la nostra edizione de La Scapigliatura e il 6 febbrajo può trovare un ricco apparato di note attraverso le quali ritrovare nella città di oggi i luoghi descritti nel romanzo.
Non ci sono però solo i luoghi raccontati nei libri: Milano è anche la città dove gli Scapigliati hanno vissuto le loro anticonformiste vite bohémien, e ancora oggi noi possiamo seguirne le tracce. Certo, spesso queste tracce portano a osterie e locali malfamati, confermando quello che Carlo Dossi diceva del mentore di tutti loro, Giuseppe Rovani: «Ebbe sempre una grande propensione per l’osteria, la casa di chi non ne ha. L’osteria per lui si nobilitava in un’aula di università»; ma questo non è sempre vero.
Il quartiere che forse a loro è più legato è quello che oggi è delimitato da corso Monforte, corso di Porta Venezia e viale Majno, allora quasi una Montmartre o una Montparnasse milanese. Dopo la metà dell’Ottocento, infatti, mentre Milano cominciava a crescere velocemente, quella zona manteneva ancora l’aspetto di un’idilliaca fetta di campagna a due passi dal tumulto della città, e lì avevano lo studio molti dei pittori scapigliati (di cui prima o poi dovremo parlare), attirati sia dall’amenità dei luoghi sia dall’abbordabilità dei prezzi degli immobili; e anche Emilio Praga, trait d’union tra scrittori e pittori scapigliati, aveva casa in quello che allora era il Borgo di Monforte. Quartier generale del movimento era l’Ortaglia del conte Cicogna, un ampio giardino situato sui terreni di Palazzo Cicogna Mozzoni, la cui facciata ancora oggi domina corso Monforte: lì, con il benestare del conte, era stata approntata un’osteria casereccia all’aperto con tanto di campo di bocce, dove gli artisti passavano le loro giornate discutendo, dipingendo e scrivendo.
Oggi su quei terreni sorge l’Istituto dei Ciechi (sul cui sito c’è uno splendido articolo dedicato a questa storia), e a ricordare com’era una volta quell’area rimane il toponimo della via che lì è stata tracciata: via Vivaio.